Razzismo storico e razzismo mediatico

Troppo facilmente si confonde Shoah (genocidio degli ebrei da parte del Terzo Reich e dei suoi alleati) con Olocausto (genocidio anche degli omosessuali, oppositori politici, Rom, Sinti, zingari, testimoni di Geova, pentecostali, malati di mente, portatori di handicap, prigionieri di guerra sovietici, etc.) e troppo facilmente ci si lancia all’attacco accusando di antisemitismo ciò che esso non è. Dove è stata relegata l’onestà intellettuale? Dove è stata nascosta la memoria e la coscienza del presente, momenti che insieme disegnano il futuro? Forse finché ci ignoreremo e l’ignoranza la farà da padrone non ci sarà futuro per noi ma solo un presente continuamente riproposto, orgia di consumi che rimanda la nostra morte di un giorno. Forse questa situazione storica si chiama coma oppure capitalismo avanzato. Forse! Ma forse l’unica cosa che conta soltanto è che si rimanga nella sfera del forse.
Per noi antifascisti opporsi alla politica di Israele non è essere antisemiti (anzi consideriamo ciò un dovere vista quella perpetuata pratica di sterminio fisico e culturale del popolo palestinese operata dalla politica sionista). Quotidianamente, invece, i media filtrano il messaggio opposto al precedente. Ma nessuno può identificare un tipo di politica a un popolo, ossia generalizzare al punto di confondere due piani che possono sì tra loro intersecarsi in certi punti ma mai coincidere completamente. Il singolare concreto così verrebbe di fatto a perdersi e ad annullarsi in un universale ipotetico. Una generalizzazione di tal portata è un atto intellettivo meschino, falsificante e completamente spettacolare. Sarebbe comodo, per esempio, per chi studia ed analizza l’Italia, ma totalmente fuorviante ed errato, affermare che in questo paese tutta la popolazione è oggi di una precisa corrente politica; ciò sarebbe per il ricercatore un enorme risparmio di tempo ed energie ma una semplificazione così non è mai stata vera persino nei regimi totalitari e non lo è tuttora. Essa non è per nulla comprensiva e puzza al quanto di facile ideologia. Ma dove sta di preciso il problema? Oggi i media si basano per l’appunto su queste massime massificanti e appiattenti. La realtà è ogni giorno sempre più semplificata e molti particolari (ricordiamoci che sulla particolarità si basa la differenziazione, un aspetto da cui il reale stesso prende forma e sostanza ma che l’Occidente non può proprio strutturalmente accettare) spariscono e se compaiono hanno solo la funzione giudicante e legittimante. Ciò che non è detto dai media non esiste. Ciò che non rispecchia il pensiero omologato e omologante dei media non esiste e se sussiste funge da rafforzante e come giustificazione dello stesso pensiero omologato ed omologante. Persino le categorie del vero e del falso non sussistono più, essi si sono infatti fusi tra loro per formare l’unica prospettiva, l’unica inquadratura ufficiale, l’unica possibilità. Il reale viene quindi ad espressione in quest’ultimo semplice ossimoro divenendo simulacro di se stesso e trasformandosi all’istante in completamente logico nella sua perenne illogicità spettacolarizzata. Ritornando all’esempio di Israele questo evento si manifesta mediante quel razzismo mediatico in cui chi si oppone a questa forma di politica non può avere visibilità o se ce l’ha è solo perché gli spettatori vedano il fuoriprogramma incarnato in esso e abbiano lo sguardo ben sviato dal tempo presente mediante questa vittima sacrificale ‘irrazionale’ e per l’appunto antisemita. Ma se la vista non ci inganna ci renderemo con calma conto che Israele è solo un caso dei tanti mediante i quali in gioco c’è l’idea idolatrica di Occidente. Nella scelta quotidiana delle notizie da filtrare alla massa sfruttata e votante risiede un bieco ‘razzismo’ che consiste nell’affermazione dell’Occidente come tutto ed il resto, per antitesi, nulla. Come pietra di paragone questo tutto è semplicemente uno specchio egemonico davanti al quale il male si definisce per mera opposizione, ossia come negazione dei falsi valori su cui noi (questo noi nasce all’interno del medesimo processo di cui stiamo parlando ora e nel quale contemporaneamente prende vita e si definisce l’altro, il nemico pubblico) ci differenziamo dagli altri per riconoscerci. Fino a quando questo movimento dialettico sarà artificiale e mosso dalle sovrastrutture del potere e del capitale per noi non ci sarà che accettarci in questo noi o divenire dei nemici, degli antisemiti.
Eppure se ci soffermiamo un attimo a ragionare dovrebbe essere chiaro che una memoria o è totale altrimenti non è una memoria. Di fatto mentre nella sfera del singolo la memoria sarà sempre inficiata da una proprio limitatezza, limitatezza causata dal fatto che il singolo inevitabilmente e strutturalmente entra in contatto con il mondo tramite una percezione sempre circoscritta e in cui l’attenzione gioca un ruolo alquanto decisivo nella selezione dei dati, nella sfera pubblica se ciò avviene bisogna sincerarsi che non si celi una scelta ideologica dietro questo fatto. In campo storico l’attenzione si trasforma troppo facilmente in imparzialità militante o ignoranza. La parzialità non può far parte di una commemorazione pubblica perché se no perderebbe quel significato che gli appartiene e sarebbe alquanto scorretta nella propria arbitrarietà. È per questo motivo che ‘Il giorno della Memoria’, ossia il giorno del ricordo dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è in totale contraddizione con sé medesimo. Rinchiudere nel concetto di sterminio solamente la componente ebraica tra coloro che ne sono stati vittime è un insolente misconoscimento della realtà e degli avvenimenti, quindi la sua attuale negazione storico-intellettuale. Dimenticarsi degli altri è compiere sia un giudizio sia stilare una scala di valori in cui certi individui sono inferiori ad altri. Se qualcuno nega questo aspetto allora dichiara che mentre gli ebrei non meritavano di stare nei lager nazisti gli altri probabilmente sì. Chiamatela come volete questa scelta discriminatoria, per noi è una forma di razzismo storico. E attenzione: se la coscienza del noi sorge mediante la definizione-contrapposizione dell’altro, qui troppo sbrigativamente si invia un invito a identificarci con il popolo ebraico: noi siamo ebrei e chi non è come noi o minaccia questo noi è identico ad un nazista, il nemico storico del popolo ebraico. Così ci fanno sentire in dovere di partecipare al ricordo: chi vorrebbe mai sentirsi etichettare come nazista?! Noi che siamo antifascisti militanti crediamo doverosa la presenza concreta di una memoria collettiva ma solo se questa non diventa faziosa e parziale: noi siamo anche omosessuali, Rom, Sinti, zingari, testimoni di Geova, pentecostali, malati di mente, portatori di handicap, comunisti, etc., perché tutti loro fanno parte della nostra storia e non bisogna mai dimenticarsene.

Di AEC

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